L’industria italiana delle lavorazioni meccaniche

Le aziende terziste delle lavorazioni meccaniche: un patrimonio per l’industria italiana e non solo.

L’Italia è da sempre un paese manifatturiero, con competenze riconosciute in tutto il mondo, nel saper fare.

Una tradizione che riguarda molti settori, tra questi quello delle lavorazioni meccaniche conto terzi, conta 20.000 aziende concentrate prevalentemente nel Centro-Nord. Il cuore del settore è rappresentato da 11.600 società di capitale che impiegano 125.000 addetti.

Questo panorama ricchissimo di aziende è fortemente connesso all’andamento dei prioritari campi di sbocco quali l’industria meccanica, automotive, industria ferrotranviaria e l’edilizia.

In questi mesi, caratterizzati dalla scarsa disponibilità di materie prime, dall’incremento fortissimo dei costi sia delle materie che dei carburanti, è nuovamente emersa la capacità di queste piccole imprese di ripensare se stesse, i prodotti ed i processi.

L’azienda terzista è costretta cambiare il suo modo usuale di lavorare, si punta sull’alleggerimento dei materiali, sull’utilizzo di nuove composizioni con la finalità di ridurre consumi e sprechi.  In sempre più settori che vanno dall’automotive all’elettronica, dai trasporti alle lavorazioni meccaniche, sino alla filiera delle costruzioni, l’alluminio ‘sta trovando sempre più impiego nella vita di tutti i giorni e in campo industriale.

Tutto ciò valorizza la bravura delle nostre aziende di lavorazioni meccaniche, che si distinguono da sempre per flessibilità e capacità di customizzare, tanto preziosa per l’industria produttiva.

Sempre più spesso chi si rivolge a un’azienda terzista non sta cercando solo un semplice esecutore, ma un vero e proprio partner che grazie all’esperienza, all’affiancamento con professionisti e alle competenze acquisite possa portare preziosi suggerimenti per rendere il prodotto migliore.

Quella delle aziende terziste è una competenza che fa grande l’industria nazionale, ma è anche sempre più apprezzata e ricercata anche dalle aziende straniere (tedesche e francesi in primis) che riconoscono a queste realtà, delle capacità tecniche uniche.

Una delle grandi fragilità del settore, è la scarsa capacità di sviluppo commerciale di queste aziende. Di solito fondate e gestire da ottimi tecnici, hanno una forte dipendenza da un grande committente o da pochi clienti, magari dello stesso distretto.

E’ quindi cruciale per queste aziende, trovare delle soluzioni per ampliare la propria base di clienti, magari in più settori e in varie zone dell’Italia.

Allo stesso tempo, l’internazionalizzazione attraverso l’acquisizione di clienti esteri, consente alle aziende terziste di mettersi al riparo dalle fluttuazioni del mercato interno, potendo contare su maggiore stabilità, tempi di pagamento migliori e spesso una marginalità più interessante.

L’agricoltura italiana simbolo di qualità ed eccellenza

L’argomento è spesso sottovalutato ma è doveroso sapere che l’Italia, in quanto a prodotti agroalimentari e vitivinicoli registrati e protetti, con 581 Dop e 257 Igp, è prima al mondo, seguita dalla Francia, Spagna, Grecia e Portogallo. L’Emilia-Romagna è addirittura la regione leader in Europa e in Italia per numero di denominazioni registrate e per impatto economico. Prima regione italiana nel settore Cibo, seconda solo al Veneto nel complesso per valore delle filiere Dop Igp, l’Emilia-Romagna conta ben 74 prodotti Dop Igp e 17.272 operatori di settore.

I prodotti Dop e Igp italiani, che vogliono significare rispettivamente “Indicazione Geografica Protetta” e “Denominazione di Origine Protetta”, pesano per circa il 21% sull’export complessivo del settore agroalimentare italiano.  L’export del nostro Paese, ribadisce Confagricoltura, è ripartito nel 2021, e lo stesso ha fatto l’agroalimentare, che ha registrato una crescita del +14,7% sul 2019. Ed è sempre forte la domanda di prodotti italiani nel mondo. “Basta scorrere le statistiche dell’export dell’industria alimentare: Usa +14,3%, Cina +32,7%, Corea del Sud +30,7%, Cile +50,5%, Sud Africa +21,2%, Polonia +21,4%, Spagna +19,6%, Germania +6,7%, Francia +7,1%, (dati Federalimentare elaborati su base Istat, gennaio/novembre 2021)”. Come da informazioni provenienti dalla Coldiretti, a trainare la crescita ci sono infatti prodotti come il vino, che guida la classifica dei prodotti made in Italy più esportati, seguito dall’ortofrutta fresca.

A confermare le performance all’estero, oltre al dato dei nostri prodotti vinicoli che, a partire dal record di oltre 7 miliardi di euro esportati nel 2021, segna, a gennaio, un +22% sullo stesso periodo dello scorso anno (dati Istat), anche quello di uno dei prodotti di eccellenza del made in Italy, il Parmigiano Reggiano. Secondo i dati del consorzio, dopo il record del giro di affari registrato nel 2021 pari a 2,7 miliari di euro, il primo trimestre 2022 ha registrato un aumento delle vendite totali pari al 3,6% (33.341 tonnellate), sulla scia dell’incremento generale dei mercati internazionali, che crescono del 6,9% (14.546 tonnellate). Pressoché stabili le vendite nel mercato italiano, che vede un lieve calo dei consumi domestici, compensata da un a crescita del canale della ristorazione.

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